Cosa succede se si diventa disoccupati?
Per chi ha usufruito di un contratto a 10 ore settimanali la disoccupazione dà diritto a ricevere una indennità che si ottiene dopo aver fatto domanda di NASPI. L'indennità è mensile, ma è possibile usufruirne solo se sussistono determinate condizioni:
non volontarietà: perdita involontaria del lavoro e conseguente stato di disoccupazione
requisito contributivo: bisogna aver versato i contributi per 13 settimane negli ultimi quattro anni
requisito lavorativo: è necessario essere stati attivi lavorativamente per 30 giorni nell’ultimo anno.
Perdere involontariamente un lavoro part time e diventare disoccupato consente sì di ricevere la NASPI, ma per un tempo inferiore rispetto al dipendente che lavora a tempo pieno. Quest'ultimo, infatti, la percepisce in base alla metà delle settimane per le quali ha versato i contributi nei 4 anni precedenti. Entrando più nello specifico, possiamo vedere che sia nel part time verticale sia in quello orizzontale il calcolo viene fatto sulle 52 settimane di contributi. Attenzione: questo è possibile solo nel caso in cui il compenso settimanale percepito non sia più basso dei minimali Inps, cioè della retribuzione minima per calcolare i contributi per la previdenza versati dall'azienda.
I benefici comprendono l’indennità mensile che sarà corrisposta anche se il lavoratore ha due contratti per lavori part time e ne perda uno, a patto che il reddito non superi una certa soglia. L’indennità viene sospesa nel caso in cui il disoccupato non comunichi all’Inps il reddito presunto per l’anno successivo: questa clausola vale anche se il reddito presunto è zero.
Va poi ricordato che è possibile ottenere la NASPI anche quando si tratta di dimissioni per giusta causa e quando le dimissioni intervengono durante la maternità o fino al primo anno di vita del bambino. La NASPI è un diritto del dipendente anche quando vi è una risoluzione consensuale del rapporto lavorativo dovuta a un rifiuto da parte del lavoratore ad essere trasferito presso una sede situata ad almeno 50 km di distanza.
Pensione di 10 ore settimanali
Ma cosa può aspettarsi in termini di pensione chi lavora 10 ore alla settimana? Come abbiamo visto, il contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale vede l’alternarsi di giorni lavorati e di periodi di inattività, mentre quello orizzontale prevede prestazioni ridotte tutti i giorni. L’art.1 della legge del 30 dicembre 2020 stabilisce però che per avere diritto alla pensione, l’anzianità contributiva è calcolata come se il dipendente avesse lavorato a tempo pieno. Viene quindi riconosciuto anche il periodo non lavorato ma questo, è opportuno sottolinearlo, solamente ai fini del diritto alla pensione e a patto che sia presente un minimo contributivo.
Per quanto riguarda l’assegno che verrà erogato una volta andati in quiescenza, bisogna ricordare che coloro che hanno lavorato con un contratto part time a 10 ore a settimana hanno versato meno contributi rispetto a chi è occupato a tempo pieno. Di conseguenza, riducendo gli importi dei contributi previdenziali viene penalizzato l'importo pensionistico.
In conclusione, il diritto alla pensione per chi ha un contratto part time non è diverso da quello del dipendente a tempo pieno se viene raggiunto il minimale Inps previsto per il lavoro subordinato. Se il minimale non viene raggiunto e non si hanno i contributi necessari al trattamento di quiescenza, il dipendente non potrà andare in pensione fino a che non raggiunge i contributi necessari alla pensione di vecchiaia.
Chi è interessato a conoscere la pensione contributiva sappia che è sufficiente moltiplicare il montante contributivo (cioè la cifra totale dei contributi versati) per il coefficiente di trasformazione, parametro che riguarda l'età anagrafica al momento del pensionamento, il sesso di chi desidera andare in pensione e la speranza di vita. A un coefficiente alto corrisponde una pensione elevata.